Turchia: “no censura”, in duemila contro la legge che limita internet


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Idranti e lacrimogeni della polizia contro i manifestanti. La scena si ripete a Istanbul, in Turchia. Una nuova mossa del governo islamico ha spinto circa 2000 persone a scendere in strada: un progetto di legge che stabilisce un controllo più severo dei contenuti del web, limitando l’accesso ai siti di condivisione di filmati e dando al governo il potere di ottenere le attività di ogni utente conservate per due anni. E’ fascismo per i manifestanti.

“Sono qui per difendere il diritto di usare internet”, dice un manifestante. “Non si può essere messi al bando da qualcuno, quando si paga per internet. La censura è un reato”.

I manifestanti sono tornati anche a protestare contro la corruzione, dopo lo scandalo che ha travolto il governo: a dicembre politici e imprenditori vicini al premier Erdogan sono stati arrestati per frode e riciclaggio. Il governo ha reagito sollevando dagli incarichi poliziotti e magistrati.

Bora Bayraktar, euronews:
“Le manifestazioni contro la proposta di legge che limita l’uso di internet sono finite qui. Ma sui social media la mobilitazione per fermare la normativa continua”.

http://it.euronews.com/2014/01/18/turchia-no-censura-in-duemila-contro-la-legge-che-limita-internet/

La censura su Putin “in lingerie”


Chiusa la mostra dell’artista Altunin. In un ritratto, il presidente e Medvedev dipinti in mutande e reggiseno. Per le forze dell’ordine le opere erano “attività estremistiche”

La censura su Putin "in lingerie"

 

Vladimir Putin “in lingerie” ha resistito soltanto per una settimana. La polizia russa ha deciso di censurare e chiudere l’esposizione di ritratti ”originali” dedicata alle personalità del Paese, tra le quali lo stesso presidente e il primo ministro Dimitri Medvedev, mostrati in mutande e reggiseno.

Vladimir-Putin

LA MOSTRA CENSURATA – Le opere artistiche, realizzate dal pittore russo Konstantin Altunin, sono state “bocciate” dalle forze di sicurezza russe, che le hanno definite come “attività estremistiche”, vietando ai visitatori del museo di San Pietroburgo la possibilità di ammirare i dipinti, come spiega El Mundo.

Putini quadro reggiseno mostra

Le opere dell’artista russo avevano scandalizzato parte dell’opinione pubblica russa, non soltanto per il ritratto originale di Putin e Medvedev. Non erano mancate le polemiche per il quadro dedicato al capo della Chiesa ortodossa russa, il Patriarca Kirill. Mostrato in bianco e nero, a torso nudo, con i tatuaggi di Lenin, Stalin, della Vergine Maria, con due teschi stampati sulle spalle. Secondo gli organizzatori, l’artista era consapevole del rischio censura per la propria esposizione. Il motivo? Sono gli effetti della controversa “legge anti-gay”, criticata dalla comunità internazionale, che vieta la promozione dell’omosessualità, così come i messaggi che cercano di equiparare i “rapporti non convenzionali” con l’eterosessualità.

http://www.giornalettismo.com/archives/1076185/censurato-putin-in-lingerie/

La foto simbolo di Tienanmen supera la censura


L’immagine proiettata durante uno spettacolo del Cirque du Soleil. Ma poi commenti e post in Rete sono stati cancellati.

Il celebre scatto delle proteste di piazza TienanmenIl celebre scatto delle proteste di piazza Tienanmen

Quello scatto dell’uomo solo, minuscolo, immobile di fronte ai carri armati è diventato un simbolo. In Cina, però, la celebre foto dell’uomo che fronteggia i tank in piazza Tienanmen è bandita. Anche se dal giorno del massacro, nella primavera del 1989, è passato quasi un quarto di secolo. Non si spiega quindi come la foto sia riuscita a passare il controllo della censura e finire tra le immagini presentate su maxi schermo durante lo spettacolo del Cirque du Soleil a Pechino, davanti agli occhi stupefatti dei 15mila spettatori. Lo scatto faceva parte di un montaggio in cui scorrevano immagini di varie proteste avvenute in diversi paesi del mondo. Cina compresa.

POST, FOTO E COMMENTI CANCELLATI – E’ ragionevole pensare che i cinesi non abbiano mai visto quella foto, che per il resto del mondo è un’icona? In ogni caso, dopo i quattro secondi della proiezione dell’immagine (avvenuta durante la performance accompagnata dalla canzone di Michael Jackson «They don’t care about us») si è scatenato un vespaio. Stephen George, redattore della testata «That’s Beijing», ha descritto così in un post la reazione degli spettatori: «Si poteva sentire il pubblico trattenere il fiato». Il post è sparito. Cancellato. Così come sono stati cancellati commenti e immagini comparsi in Rete subito dopo quei quattro secondi. Lo spettacolo è andato avanti, ma l’allerta è scattata immediatamente, in Rete e non solo. Laura Silverman del Cirque du Soleil si è scusata sottolineando, secondo quanto riportato dal South China Morning Post, che «l’immagine è stata immediatamente rimossa e non verrà più mostrata» durante lo show. L’episodio, infatti, è avvenuto durante la prima delle tre serate previste in Cina: negli spettacoli che si terranno venerdì a Shangai e a Hong Kong lunedì prossimo lo scatto proibito non si vedrà.

IL TOUR CONTINUA – La troupe, come previsto dalla legge cinese, aveva sottoposto il materiale dello show al ministero della Cultura prima dell’avvio del tour. E c’è chi si chiede come il famoso scatto sia riuscito a sfuggire alla censura. Il tour, intanto, proseguirà: il governo non ha presentato nessuna protesta formale né tantomeno richiesto l’interruzione dello spettacolo.

http://www.corriere.it/esteri/13_agosto_15/cirque-du-soleil-piazza-tienanmen_fff0d7c0-05cd-11e3-95f7-ac31e2b74e2c.shtml#

Russia, il presidente del Cio Rogge censura le proteste contro le leggi anti gay


In un’intervista al quotidiano tedesco Tagesspiegel, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale annuncia che gli atleti che parteciperanno alle Olimpiadi di Sochi dovranno evitare ogni gesto di dissenso contro i provvedimenti del governo russo. Ieri ai Mondiali di atletica di Mosca le staffettiste russe della 4×400 avevano festeggiato l’oro baciandosi sul podio


Continua ai Mondiali di atletica di Mosca 2013 la polemica sulle leggi anti-gay in Russia. Prima le controverse dichiarazioni di Yelena Isinbayeva, stella della nazionale di casa, che si era dichiarata a favore dei provvedimenti varati dal governo (salvo poi fare marcia indietro ed affermare di esser stata fraintesa). Poi, ieri,  la risposta delle atlete della staffetta russa 4×400, che hanno festeggiato l’oro iridato baciandosi sul podio al momento della premiazione.

Oggi arriva la presa di posizione di Jacques Rogge, presidente del Comitato Olimpico Internazionale. Che si schiera contro il gesto delle staffettiste russe, annunciando che gli atleti che parteciperanno alle Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014 dovranno evitare proteste contro la legge anti gay.  “Questa – ha spiegato Rogge al quotidiano tedesco Tagesspiegel – non deve essere vista come una sanzione ma come un mezzo per proteggere gli atleti da pressioni sull’uso strumentale dei Giochi”.

Le parole del presidente del Cio suonano come una vera e propria censura nei confronti di chi ieri aveva voluto esternare la propria contrarietà ai provvedimenti discriminatori varati dal governo. Nell’intervista, in realtà, Rogge aggiunge che il Cio ha ottenuto rassicurazioni dalle più alte sfere governative russe che la legge anti gay non toccherà in alcun modo la sfera olimpica durante Sochi 2014: ”Siamo consapevoli del fatto che lo sport è un diritto umano e deve essere accessibile a tutti, indipendentemente dall’etnia, dal sesso o dall’orientamento sessuale. Come organizzazione sportiva continuiamo a lavorare per garantire che i Giochi si svolgano senza discriminazioni contro atleti, dirigenti, spettatori e media”.

Il presidente Rogge, dunque, propone al governo russo una sorta di patto di “non interferenza”: la legge anti gay non tocchi i ‘suoi’ Giochi, e lo sport non si immischierà nelle scelte del governo russo. E per garantirlo lo stesso Comitato Olimpico scoraggerà gli atleti da ogni manifestazione di protesta. E’ già successo ieri, del resto: la saltatrice in alto svedese Emma Green-Tregaro, dopo essere scesa in pista durante le qualificazioni con le unghie dipinte con i colori dell’arcobaleno in segno di dissenso nei confronti della legge anti gay, è stata avvicinata dai dirigenti della Iaaf (International Association of Athletics Federations) e invitata a cambiare smalto. Che infatti è diventato rosso in occasione della finale. Una storia di censura evidentemente destinata a ripetersi anche fra qualche mese a Sochi.

La Iaaf, come anche Rogge, si appellano in fondo solo al regolamento: le norme affermano che “non è permessa alcuna manifestazione di tipo commerciale o politico“. In questa maniera, però, le Olimpiadi non avrebbero mai conosciuto momenti storici come la vittoria di Jessie Owens ai Giochi ‘nazisti’ di Berlino 1936; o il pugno chiuso contro la discriminazione razziale di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico 1968. Secondo loro una medaglia olimpica poteva significare qualcosa in più d’una semplice vittoria sportiva. Per Jacques Rogge, presidente del Cio, no.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/18/russia-presidente-del-cio-rogge-stoppa-proteste-contro-leggi-anti-gay/686756/

Chi censura il web fa autogol


I sostenitori della censura su internet sono come i cantori delle apocalissi climatiche. A intervalli più o meno regolari mettono fuori la testa per dare vita a un gran baccano (spesso fondato sul nulla). E si può fare davvero poco per evitarli. Se non cercare di ignorarli, almeno fino al prossimo, catastrofico, «allarme globale». Prima la Rete «paradiso dei pedofili», oggi «covo di stalker anti-femministi».

I censuratori cambiano obiettivo, a seconda della stagione e dei loro gusti personali (sempre e comunque politicamente corretti), ma la soluzione che propongono è sempre la stessa, fin dagli albori della rivoluzione telematica: mettere fine alla cosiddetta anarchia del web. Eppure basterebbe scorrere rapidamente la lista delle nazioni che questa «battaglia» la combattono – seriamente (Iran, Cina, Corea del Nord, Cuba, Siria, Vietnam) o meno seriamente (Francia, Russia, Turchia) – per rendersi conto che qualcosa non va.

Per la verità, l’intervista al presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha riportato alla luce qui da noi il dibattito sulla censura di internet, ha fatto più scalpore per il titolo (forzatissimo, come nella migliore tradizione repubblichina) che per i contenuti, piuttosto fiacchi, del Boldrini-pensiero. Ma più che i dettagli della proposta dell’ex portavoce Onu, troppo vaghi perfino per essere commentati, è interessante notare il riflesso pavloviano di chi si è fatto portatore del suo messaggio di fondo: colpire il mezzo, invece di colpire chi utilizza (illegalmente) il mezzo.

In Italia, infatti, come nel resto del pianeta, il quadro normativo necessario per punire chi minaccia di morte qualcuno – a prescindere dal genere sessuale – esiste già. Se il nostro sistema ha un problema, è certamente quello dell’ipertrofia normativa che ingigantisce il potere «selettivo» dei magistrati, non certo quello della mancanza di leggi. E davvero non si sente la mancanza di codici e codicilli scritti apposta per il web. Esistono forse norme specifiche contro chi commette reati utilizzando il telefono? Quella che, al contrario, in Italia manca quasi del tutto, è la preparazione specifica di chi la legge dovrebbe farla rispettare. Chi scrive ha avuto la sventura di essere chiamato a testimoniare in un processo per «minacce via web».

E si è trovato nella surreale posizione di dover recitare, contemporaneamente, la parte del «testimone» e quella del «consulente tecnico» per un giudice che non aveva la più pallida idea di come comportarsi di fronte a un reato commesso in un mondo alieno ed ostile come quello di internet. Dall’ignorantia legis all’ignorantia iudicis: davvero un bel passo in avanti. Che il web, spesso, possa trasformarsi in un luogo spiacevole è un dato di fatto. È il principio della folla, della massa, dove l’individuo si sente meno vigliacco e più protetto dal numero.

È il chiasso da bar di chi pensa di poter dire di tutto, tanto si sa che mica uno parla sul serio. È la vecchia logica di chi lancia insulti o minacce dietro le spalle, perché è più facile non guardare negli occhi chi stai diffamando o colpendo. La rete ha favorito gli anonimi, la cultura del nick name, ma all’inizio più per folklore o per ripetere la cultura dei radioamatori, non certo per il crimine. Poi i delinquenti arrivano ovunque e il web non può fare eccezione. Anzi, rispetto ai tempi andati, oggi l’anonimato in rete è una pratica sempre meno diffusa.

È la conseguenza dei social network, dove di solito vai con nome e cognome e metti da parte il nick. Non c’è dubbio però che sia proprio l’anonimato a moltiplicare quello che gli americani chiamano «nasty effect» (effetto-cattiveria) di chi crede di potersi nascondere dietro a un’identità virtuale per dire e fare cose che nel mondo reale non avrebbe mai il coraggio, o la decenza, neppure di pensare. Credere, però, che si possa risolvere il problema con operazioni di censura, più o meno «soft», sarebbe un gravissimo errore di prospettiva. Oltre che uno sforzo, molto probabilmente, del tutto inutile.

(tratto da “Il Giornale)

notapolitica.it

“Il video di David Bowie e’ blasfemo”, YouTube lo censura


(AGI) – Londra, 10 mag. – Youtube ha censurato il nuovo video di David Bowie “The Next Day”, in cui il re del pop appare come Gesu’ Cristo, dopo che ambienti religiosi lo avevano definito “blasfemo”. Il cortometraggio e’ ambientato in un pub vittoriano frequentato soltanto da religiosi e mostra una sfilata di suore e preti in abiti succinti intenti in attivita’ peccaminose. Tra loro spicca la figura di una suora con le stigmate, dedita ai peggiori vizi, interpretata da Marionn Cotillard, mentre Gary Oldman veste i panni del sacerdote che condanna la condotta del ‘profeta’ Bowie, che canta al centro della scena. Un portavoce di Google Inc., di cui fa parte anche Youtube, ha precisato che il video e’ stato prima rimosso dal sistema e poi ripristinato, ma accessibile solo a un pubblico maggiorenne.

SU SITO AGI.IT IL VIDEO DI ‘THE NEXT DAY’

“Con il grandissimo volume di traffico video sul nostro sito, ogni tanto commettiamo qualche errore. Il video di Bowie e’ stato rimosso per sbaglio e abbiamo provveduto subito a ripristinarlo”, ha aggiunto il portavoce. La controversia ha contribuito al successo del video e della canzone che dopo 20 anni hanno riportato Bowie in cima all’Hit parade britannica con l’album omonimo “The Next Day”.